La babele del passivo e la limpidezza di 2226In Austria lo studio Baumschlager Eberle ha inaugurato la sua nuova sede in un edificio passivo privo di impianti di riscaldamento, raffrescamento e ventilazione attivi; la minima temperatura invernale è prevista di 22°C e la massima estiva di 26°C. Un edificio dotato di una enorme massa di accumulo termico interna (pareti perimetrali doppie in blocchi di laterizio spesse 76 cm, copertura in calcestruzzo iperisolata). E' il 2226 di Lustenau. Ma cosa significano i termini "edificio passivo", "casa passiva", "Passivhaus" ed "edificio bioclimatico" esattamente? foto 1: Ka_Ba è un edificio residenziale bifamiliare passivo e bioclimatico, non dotato di impianti di raffrescamento né di ventilazione meccanica, che ha raggiunto in una sola occasione in 6 anni la massima temperatura interna di 26,7°C in Pianura Padana. Ha vinto il 1° Premio del Concorso Nazionale ANIT (Associazione Italiana per l'Isolamento Termico ed acustico) "Un Progetto al Sole" 2011 come "migliore edificio energeticamente efficiente in regime estivo ed invernale" "Casa passiva" ed "edificio passivo" sono espressioni in voga, ma sul loro significato (spesso confuso con quello di Passivhaus) c'è molto poca conoscenza, sia in termini storici che di etimologia. Si tratta di termini che si ritrovano già in una pubblicazione del 1978 (10 anni prima che fosse confezionato il protocollo Passivhaus) dal titolo "Regional guidelines for building passive energy conserving homes" edita dall'AIA Research Corporation[1]. L'espressione "architettura passiva" fa parte del nome stesso del PLEA (Passive&LowEnergy Architecture), associazione fondata nel 1979. Non è detto che tali termini non siano stati coniati ben prima di queste date. Nei primi decenni della loro diffusione spesso essi appaiono in forma estesa da "passivo" a "solare passivo", dato che definiscono "edifici che coprono la maggior parte del loro fabbisogno termico ricorrendo a dispositivi di tipo passivo, lasciando fornire agli impianti la minor parte dei fabbisogni per riscaldamento e raffrescamento ambientali". Tale definizione non collide con quelle più moderne di "edificio che ha un così ridotto fabbisogno termico per la climatizzazione ambientale da poter essere coperto per la maggior parte dai carichi interni e dai contributi di sistemi di guadagno passivo, tanto da non necessitare di impianti di riscaldamento come tradizionalmente intesi, ma di impianti di potenza molto ridotta e di ridotti complessità e costo". E' solamente più completa di queste ultime perché comprende anche il tema del comportamento passivo dell'edificio nella stagione calda. L'importanza di una corretta e precisa definizione sta nel fatto che non diviene più possibile a qualunque costruzione il fregiarsi del titolo di "casa passiva" o "edificio passivo", come invece accade oggi, dato che vige un regime di relativismo fisico-tecnico all'interno del quale ognuno inventa sue proprie definizioni o interpretazioni di termini di per sè chiari e definiti da lungo tempo. Un sistema di guadagno passivo è un dispositivo per il riscaldamento ambientale ed è classificabile come "passivo" quando riesce a riscaldare l'edificio che ne è dotato non richiedendo forniture energetiche esterne. Esempio di dispositivi di tipo passivo per il riscaldamento invernale sono le serre solari, i muri di Trombe, i sistemi Barra-Costantini, i muri di accumulo, i collettori solari termici ad acqua o ad aria purché a circolazione naturale, ma anche delle semplici vetrate esposte a sud e capaci di offrire un contributo energetico positivo all'edificio considerando i contributi lungo l'intero corso dell'anno… Più complessa è la definizione di un dispositivo di raffrescamento ambientale passivo. Per raffrescare si dispone di macchine che richiedono normalmente, a parità di energia termica trattata, una maggior quantità di energia primaria rispetto alle macchine per riscaldamento. Per tale ragione un dispositivo per raffrescamento è definito passivo anche se abbisogna di pompe, ventilatori od altri apparecchi ausiliari, purché non faccia ricorso a cicli frigoriferi. L'architettura passiva è dunque una architettura che copre, con una serie di dispositivi passivi, la maggior quota dei fabbisogni energetici degli edifici attraverso flussi di caldo e freddo tratti dall'ambiente esterno. Poiché in qualunque stagione il freddo ed il caldo all'esterno non sono sempre disponibili quando utili, si avvale di "masse di accumulo termico", cioè quantità di materiali con elevata capacità termica (= calore specifico x massa). Dato che i materiali edili presentano calori specifici poco diversi tra di loro (circa ±20% intorno al valore medio), per ottenere efficaci accumuli termici fa ricorso a materiali pesanti (pietra, calcestruzzo, laterizio…) o a materiali innovativi (PCM-phase change materials), in rari casi anche a serbatoi d'acqua. Tali materiali dovranno essere esposti all'ambiente interno per svolgere al meglio la loro funzione di accumulo e rilascio del calore e del fresco, od al più separati da esso a mezzo di strati fortemente conduttivi il calore e completamente aderenti ad essi. E' per questa ragione che negli edifici "leggeri" si usano contropareti in argilla cruda o cotta, o rivestimenti con le più costose lastre caricate con materiali a cambiamento di fase.
foto 2: Ka_Ba ricambia l'aria interna grazie alla ventilazione naturale controllata in inverno (con modulazione a mezzo di 6 griglie di immissione munite di serrande ed un camino di espulsione in relazione al valore di U.R. interna) e a mezzo di wind driven cross ventilation per raffrescamento ventilativo notturno delle masse in estate (con accumulo delle frigorie nelle ingenti masse capacitive interne). In foto la serra solare per il preriscaldamento dell'aria di rinnovo igienico-sanitario in inverno (in basso a sinistra si notano le 6 serrande che permettono la regolazione di portata dell'aria di ricambio). Il recupero di calore si attua attraverso il transito dell'aria prima dell'espulsione attraverso locali cuscinetto coibentati termicamente ma non riscaldati attivamente
Per generare un'opera di architettura bioclimatica non basta dotare un edificio qualsiasi di dispositivi passivi. E' lo stesso organismo edilizio che deve essere plasmato in termini di forme, dimensioni, proporzioni, orientamento del corpo di fabbrica, scelte di materiali, distribuzione degli ambienti all'interno… con il fine di ottenere un edificio specificatamente pensato per l'esatto luogo di suo inserimento; per cui (a titolo di esempio) sarà ben diverso l'edificio alla base di una collina, a metà del crinale o sulla cima, su un fronte o sull'altro della medesima collina… anche se i committenti saranno gli stessi. Dunque la bioclimatica è la scienza che ha messo a punto una serie di soluzioni da adottare per adeguare il progetto al sito di insediamento, come accade in natura con la specializzazione delle forme di vita in relazione al contesto specifico di insediamento. E' da questo parallelo con la biosfera che deriva lo stesso termine di "bioclimatica". Ne discende che un edificio che si realizzi con identici materiali, geometrie e dimensioni ad Aosta e a Catania non possa mai dirsi in entrambi i casi bioclimatico, dato che per esserlo sarebbe necessario che i climi delle due città fossero perfettamente sovrapponibili, così come le caratteristiche più specifiche dei due siti di insediamento. La tendenza attuale di definire "passivi" edifici comunque costruiti e alimentati energeticamente o "bioclimatici" edifici prefabbricati in materiali leggeri ed identici per qualsiasi collocazione geografica cui siano destinati, equivale al travestimento del perdente che voglia salire sul carro dei vincitori. Esiste una abbondanza di dati di monitoraggio di edifici esistenti e risultati di ricerce provenienti anche da enti che promuovono l'uso del legno a dimostrazione della scarsa attitudine di edifici costruiti interamente con questo materiale ad assicurare buone prestazioni passive in climi come quello mediterraneo o temperato. Tuttavia, nella frammentazione e superficialità della conoscenza tecnica più diffusa e nel relativismo imperante anche in ambito tecnico, le teorie che sostengono il contrario senza poterlo dimostrare scientificamente, trovano un utile alleato che permette loro di non venire smascherata. grafico 1: schematizzazione del sistema di ventilazione per raffrescamento passivo estivo in Ka_Ba. Le pareti dei portici e le rispettive coperture fungono da wing walls per la promozione della wind driven cross ventilation: una ventilazione per attraversamento dell'edificio promossa dalle brezze notturne, accelerate grazie a specifiche geometrie e dimensioni del suo percorso. Si ottiene un raffrescamento ventilativo delle masse di accumulo termico interne che è praticamente l'unica strategia efficace per il raffrescamento passivo estivo in Pianura Padana (Ka_Ba è in provincia di Vicenza)
Ecco anche la ragione per cui "edificio passivo" e Passivhaus sono spesso trattati come sinonimi. E' quello che accadrebbe in un paese in cui si parlasse ancora oggi il latino, se, leggendo la scritta "Fiat" sul retro di un auto, si pensasse ad una ditta dal curioso nome di "sia fatto" o "sia fatta", anziché conservare intatto il significato originario dell'acronimo di "Fabbrica Italiana Automobili Torino". Passivhaus è il nome di un protocollo di certificazione energetica del Passivhaus Institut di Darmstadt (DE), creato a partire dal 1988 circa ad opera di Bo Adamson e Wolfgang Feist, che fissa con assoluta precisione una serie di parametri di accettazione dell'edificio, tra cui limitati fabbisogni per riscaldamento e raffrescamento. Un edificio diviene una Passivhaus quando nasce da una progettazione più esigente della norma, accompagnata da calcoli che ne dimostrano il rispetto dei limiti fissati, e richiede ed ottiene apposita certificazione di tale rispetto. L'edificio passivo per antonomasia tra quelli costruiti negli ultimi 5 anni è la costruzione denominata 2226, progettata dallo studio austriaco Baumschlager Eberle: è priva sia di impianti attivi di riscaldamento che raffrescamento, oltre che di ventilazione meccanica. Il nome deriva dal fatto che le valutazioni di calcolo previsionale (confermate dai rilievi condotti nel primo anno di funzionamento) dicono che le temperature interne varieranno tra i 22°C minimi in inverno ed i 26°C massimi in estate. L'edificio ha una doppia parete perimetrale spessa 76 cm e realizzata in mattoni. E' interessante notare come in Austria, sede di molte aziende di edifici prefabbricati in legno che vengono venduti anche in Italia oggi, in un contesto climatico normalmente più freddo che da noi, e dove dunque il legno darebbe il meglio di sè, per la più alta scommessa che si sia fatta sino ad oggi circa il funzionamento passivo di un edificio, si è scelto il mattone e non appunto il legno, con il fine dichiarato di ottenere una "enorme massa di accumulo di calore". E chi ha progettato questo edificio lo ha fatto anche per trasferirvi la sua stessa sede professionale operativa. foto 3 e 4: l'impianto di riscaldamento di Ka_Ba funziona nell'intervallo 5 dicembre-8 marzo con una spesa annua (valore medio su 6 anni di funzionamento) di 0,54 euro per metro quadrato (54 euro per 100 m2 riscaldati). E' costituito da un generatore a biomassa ed un accumulo da 1000 litri d'acqua. Un piccolo impianto solare termico produce acqua calda sanitaria nei 9 mesi all'anno di inattività della caldaia. La semplificazione degli impianti di climatizzazione e la progettazione dell'involucro in perfetta sintonia con l'ambiente esterno (secondo la bioclimatica) costituiscono una via affascinante (ma rigorosa dal punto di vista scientifico), collaudata e privilegiata per ottenere profili di sostenibilità eccellenti nelle nuove costruzioni. Laddove si intervenga su edifici sufficientemente datati da essere stati improntati a queste medesime attenzioni all'atto della loro costruzione, si otterranno parimenti esiti di grande interesse.
C'è da chiedersi se l'obiettivo di avere edifici sempre più sostenibili e meno impattanti ambientalmente si vincerà più facilmente con case monofamiliari dotate di complessi impianti con costi oltre i 50.000 Euro per alloggio, o con involucri sapientemente calibrati e capaci da soli di garantire il comfort microclimatico interno con consumi di combustibile per la climatizzazione ambientale praticamente a zero.
Quello che non serve più chiedersi, perché la risposta sta scritta in 2226, è se sia indispensabile in clima temperato l'adozione di impianti di raffrescamento, di riscaldamento, di ventilazione meccanica perché un involucro non può far da sé. Chi lo vuole potrà anche chiedersi se le costruzioni in legno, oggi piuttosto alla moda, oltre che soffrire di scarse prestazioni passive estive in climi temperati e mediterranei, non riveli dei limiti sul fronte passivo e bioclimatico anche nel più rigido clima austriaco.
[1] Aia Research Corporation, Regional Guidelines for Building Passive Energy Conserving Homes, Us Department of Housing and Urban Development, Washington DC 1978
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