UNA COPERTURA PER OGNI STAGIONEL’Italia si trova in condizioni climatiche tra loro diverse ma quasi dovunque caratterizzate tanto da temperature eccessivamente rigide in inverno quanto troppo elevate in estate. Servirebbero involucri edilizi capaci di “cambiare di guardaroba” al cambio di stagione. Se questo rimane un sogno le soluzioni costruttive correntemente disponibili possono invece fare molto per la difesa termica sia invernale che estiva. La copertura è l’elemento della costruzione che risente in misura maggiore sia dei picchi di freddo invernali, peggiorati dal fenomeno del reirraggiamento notturno che la vede sottratta di calore da parte dell’universo per via radiativa, che di quelli di irraggiamento solare estivo. Per questo è essenziale che sia realizzata come una perfetta macchina tecnica in grado di affrontare bene queste situazioni estreme.
L’uso di manti a bassa assorbanza solare può costituire un valido primo passo nel realizzare edifici a comportamento passivo estivo energeticamente efficiente. Per tetti coibentati sarà trascurabile il mancato guadagno termico nella stagione invernale.
E poiché non risponde a verità il detto secondo cui “ciò che isola dal freddo isola anche dal caldo” è bene riflettere un poco sui fenomeni in gioco in inverno ed in estate per contrastarli quando tendono a creare condizioni di discomfort all’interno dei nostri edifici.
Come si trasmette il calore. Le modalità di trasmissione dell’energia termica sono: la conduzione, l’irraggiamento e la convezione. Con il termine conduzione si descrive il passaggio di calore all’interno di un corpo o tra due corpi solidi messi a contatto tra di loro, senza che vi sia spostamento di materia. Si tratta di un fenomeno di particolare importanza in edilizia, poiché molto incidente ad esempio nella dispersione termica invernale degli edifici. Per fare un solo esempio esso è la ragione per cui sono nati gli infissi metallici a taglio termico. I metalli hanno una elevata conducibilità termica e, privi di tali dispositivi, realizzerebbero ponti termici di ingente portata tra ambiente esterno ed interno, con conseguenti problemi di condensazione superficiale. La soluzione adottata è stata di scindere in due parti la sezione passante di metallo, e frapporre tra queste una connessione in materiale plastico, che trasmette poco calore per conduzione, tagliando così il ponte termico. Il calore è trasmesso invece per irraggiamento quando non c’è contatto tra i corpi a diversa temperatura, ma un semplice rapporto di “visione reciproca”, cioè quando tra essi non è frapposto alcun ostacolo, ed è possibile uno scambio reciproco di onde elettromagnetiche. Il riscaldamento che ci è trasmesso dal sole avviene con questa modalità. Pur immersi in aria più fresca del nostro corpo, esposti al sole nella stagione calda, avvertiamo un eccesso di calore, che ci spinge a cercare zone d’ombra. Il refrigerio che avvertiamo all’ombra ci offre la misura della differenza di sensazione che è legata al solo irraggiamento solare, poiché la temperature dell’aria esterna è, nel frattempo, rimasta la stessa. L’irraggiamento solare è anche responsabile dell’effetto serra negli edifici: i raggi solari che incidono contro il vetro di un infisso lo oltrepassano avendo piccole lunghezze d’onda, ma appena incontrano una superficie opaca, assumono le lunghezze d’onda dell’”infrarosso lontano”, cioè del calore sensibile, al quale il vetro è decisamente più opaco. I sistemi bioclimatico sfruttano questo principio per catturare l’energia solare: serre solari, pareti di Trombe, pannelli solari termici funzionano in questo modo. Al contrario, ci si difende dall’irraggiamento su superfici vetrate anteponendovi all’esterno delle superfici opache, come schermi solari o con l’impiego di vegetali. In questo modo i raggi solari sono intercettati prima dagli elementi del brise soleil, o dalle foglie delle piante, e solo su queste scatenano il loro effetto riscaldante per via radiativa. Il surriscaldamento per irraggiamento si realizza su queste superfici, che a loro volta disperdono il calore.
Talvolta la fantasia del progettista realizza situazioni oltre che formalmente anche termicamente interessanti. In questo caso una copertura tesa come un telo sopra l’edificio lo ombreggia dal caldo sole estivo.
Sperimentiamo gli effetti dell’irraggiamento anche nei sistemi di riscaldamento a pavimento o a parete radiante e davanti ai caminetti.
Il nostro corpo avverte benessere quando sono limitati gli scambi termici che ha con l’ambiente che lo circonda. E’ questa la ragione per la quale preferiamo sistemi di riscaldamento in cui grandi superfici irraggiano a temperature limitate, piuttosto che quelli che impiegano piccole superfici surriscaldate. L’irraggiamento infatti raggiunge solo la parte del nostro corpo che “vede” la sorgente di calore: se questa è piccola accade che la metà del nostro corpo, non essendone direttamente esposta, non ne risente il beneficio, mentre l’altra metà rischia il surriscaldamento: è un’esperienza facile ad aversi sostando davanti ad un caminetto con una fiamma viva in una stanza fredda, o dinanzi ad un falò in aperta campagna in una notte d’inverno. La convezione ha luogo tra un corpo solido ed un gas, un fluido o un liquido. Il più noto, in ambito edilizio, è il caso del trasporto di calore che avviene per mezzo di masse di aria calda che si muovono. Questo può accadere naturalmente, perché l’aria diminuisce di densità riscaldandosi, dando luogo al cosiddetto ”effetto camino” che si innesca nei condotti fumari ma anche nelle pareti e nelle coperture ventilate; o con l’aiuto di ventilatori, come avviene nei ventilconvettori. L’aria ha un calore specifico (cioè la quantità di calore che può essere contenuto in un suo certo volume) piuttosto basso (1/4 di quello dell’acqua). Per tale motivo non ci vuole molto a riscaldarla innescandovi quell’espansione che da inizio ai moti convettivi. Tale caratteristica è però anche la ragione per cui l’aria diviene un ottimo isolante termico se lo si mantiene in quiete. Per realizzare un materiale con buone capacità di isolamento termico è sufficiente generare una matrice solida ricca di cavità tanto piccole che al suo interno l’aria non sia in grado di muoversi per convezione, trattenuta dalle resistenze che si generano con le pareti della celletta che la ingabbia. La più parte degli isolanti termici sintetici sfrutta questo principio. Un pannello in poliuretano contiene solo un 3% in volume di materiale solido, un polistirene espanso sinterizzato scende al 2%. In un vetrocamera le intercapedini d’aria tra le lastre di vetro hanno spessori tali ( 6÷20 mm ca. ) che si generano moti convettivi: per limitarli sono disponibili gas più pesanti dell’aria, e a più bassa conduttività termica ( tipicamente Argon, Kripton o Xenon ). Questi gas sono tra l’altro mantenuti asciutti da materiali disidratanti collocati nei profili che contornano le lastre di vetro, i distanziatori. Anche nel poliuretano appena prodotto le celle sono riempite di un gas con spiccate capacità di isolamento termico, ma mentre nei vetrocamera il gas è tenuto intrappolato da apposite guarnizioni o lamine metalliche, nel poliuretano entro qualche tempo dall’espansione esso è sostituito da aria. In alcuni isolanti termici di ultima generazione è evitato il problema della fuga di calore per convezione poiché le loro celle non contengono gas ma sono sottovuoto: si tratta dei VIP (Vacuum insulation panel). Si tratta tuttavia di prodotti costosi e che richiedono particolari condizioni applicative e di esercizio per mantenersi funzionali.
Esistono solo pochi luoghi “felici” nel mondo, dove le temperature dell’ambiente esterno sono confortevoli durante tutto l’anno per l’uomo. Nel resto del mondo ci si difende da temperature eccessive o basse predisponendo apposite soluzioni costruttive degli edifici. Da noi la situazione è ancor più complessa, dovendoci difendere sia da eccessi di calore estivi che da temperature tropo rigide in inverno. Se ciò non bastasse negli ultimi decenni si è purtroppo assistito ad uno scadimento delle capacità di controllo termico degli involucri edilizi, che hanno sempre più relegato agli impianti il compito di correggere condizioni termoigrometriche sfavorevoli da essi non evitate. Oggi si sta riscoprendo la necessità di impiegare spessi strati di isolamento termico, ma anche soluzioni costruttive più evolute per la calibratura delle prestazioni delle chiusure in estate, al fine di ottenere un sempre più elevato comfort microclimatico contenendo nel contempo i consumi energetici.
La stessa composizione del pacchetto di copertura può dispiegare effetti benefici nel contrasto del caldo in ingresso in estate. L’impiego di strati in aggregati alleggeriti a base calce o cemento è particolarmente efficace quando è capace di trattenere una gran parte del calore arrivato in copertura negli strati più esterni di questa. Di norma sono utili anche nell’implementare la prestazione acustica passiva Diversi pacchetti costruttivi hanno in misura diversa proprietà di ritardare il passaggio del calore che li colpisce su di una loro faccia e che muove verso l’altra (sfasamento) e di diminuirne l’ampiezza (smorzamento). In questo modo essi proteggono l’interno degli edifici in misura diversa dalle temperature rigide invernali o calde estive. In estate ad esempio una opportuna progettazione delle chiusure ottiene che il massimo riscaldamento incidente sulle loro facce esterne si manifesti al loro interno in un momento in cui le temperature esterne si sono già abbassate, ed è possibile aprire gli infissi per far entrare aria fresca, con effetto di raffrescamento naturale. Le loro capacità in questo senso possono essere fatte variare in modo anche significativo sfruttando abilmente i fenomeni fisici in gioco. Il comportamento dei materiali isolanti al passaggio del calore è condizionato dalla loro massa volumica a secco ρ espressa in kg/m3, dalla conduttività o conducibilità termica λ espressa in W/mK, e dalla loro capacità termica specifica C (la quantità di calore che serve per farne cambiare la temperatura) espressa in J/kgK. La conduttività termica è la capacità che un materiale ha di lasciarsi attraversare da flussi di calore: più il suo valore è basso e maggiore è il potere isolante alla conduzione del materiale.
La prestazione più semplice da conoscere per una chiusura è il coefficiente di trasmissione termica globale o trasmittanza , K, indicato anche come U. Si tratta di un valore espresso in W/m2K che somma tutti i contributi degli strati della parete al passaggio del calore. Questo valore rappresenta il flusso di calore che attraversa 1 m2 di superficie della chiusura per una differenza di temperatura tra le due facce pari a 1 °C in un tempo pari ad un secondo. Per calcolarlo ci si avvale dei dati tecnici riguardanti i materiali che si intende impiegare, con qualche attenzione. Il valore più ricorrente è la conducibilità termica λ, espresso in W/mK. Esso è sperimentalmente determinato in campioni di materiale asciutto. Un’indicazione più precisa sul comportamento in opera del materiale, in presenza di una certa quantità di vapore acqueo, viene dalla conduttività utile di calcolo, che corrisponde al valore λ opportunamente maggiorato. Un 5-6% di umidità relativa presente all'interno del materiale isolante può aumentarne sino all'80% il valore λ. La conducibilità termica rilevata in laboratorio viene misurata a temperature di 10 o 20 °C: va considerato che all’aumentare della temperatura di esercizio gli isolanti aumentano in misura tra loro diversa la loro conducibilità. Inoltre i materiali isolanti invecchiano, divenendo via via meno performanti. Per questa ragione è di recente stata emanata la norma UNI EN 10456, che offre le indicazioni opportune per ottenere dai valori di laboratorio quelli utili al calcolo, attraverso correttivi legati alla eventuale presenza di umidità, al salto termico cui sono sottoposti i materiali isolanti, al loro invecchiamento ed alle incertezze legate alla loro posa in opera. Per materiali non omogenei possono essere forniti valori di conducibilità equivalente λeq, di conduttanza C espressa in W/m2K, o di resistenza termica, che non è altro che il reciproco della conduttanza. Ai nostri fini pratici, la presenza nelle formule del valore di temperatura espresso in K=gradi Kelvin o in °C=gradi centigradi è indifferente e intercambiabile senza necessità di ulteriori correzioni.
L’isolamento termico estivo Un materiale può opporsi al passaggio di calore anche accumulandone una certa quantità. I materiali isolanti di sintesi contengono sino al 98% di aria, che ha una limitata capacità termica: essi sono perciò incapaci di accumulare grandi quantità di calore: se vogliamo sfruttare l’accumulo termico dobbiamo affidarci a materiali con alta densità e alto calore specifico, come calcestruzzi, pietre od, in misura minore, i laterizi. Nemmeno questi ultimi tuttavia sono davvero performanti nella difesa termica estiva: l’ottimalità di tale azione di contrasto si ottiene con materiali massivi e blandamente isolanti: il legnocemento e la legnomagnesite, i calcestruzzi alleggeriti con argilla espansa od altri inerti isolanti, il legno massiccio. Il valore che fa meglio apprezzare il contributo di materiali ad elevata massa e ridotta conducibilità termica è la diffusività termica α2=λ/(ρ·cp) ovvero la capacità termica per unità di volume. I materiali a più bassa diffusività termica hanno un migliore comportamento nel difendere il microclima interno agli edifici dai surriscaldamenti estivi, poiché assorbono una parte significativa del flusso di calore incidente, lo trattengono e ne rendono più agevole la reimmissione in esterno al calare delle temperature esterne, dopo il tramonto.
Anche le finiture interne della copertura non vanno lasciate al caso quando si vuol contare su di un controllo bioclimatico passivo del microclima interno. L’impiego di materiali massivi e ad elevata conduttività termica permette lo stoccaggio di frigorie nelle notti estive se abbinato con una copiosa ventilazione naturale notturna. Il contrasto del calore in ingresso non è infatti sempre sufficiente a garantire il benessere in assenza di impianti attivi di raffrescamento.
L’ultima frontiera nello sfruttamento dell’inerzia termica degli involucri edilizi è costituita dall’adozione di materiali che accumulano calore sia in forma sensibile che per passaggi di stato: passando dalla fase solida a quella liquida essi accumulano una quantità di calore latente, non rilevabile cioè strumentalmente. Questo accumulo avviene senza cambiamenti di temperatura del materiale. Sono i cosiddetti PCM o materiali a cambiamento di fase, impiegati prevalentemente negli interventi di bioclimatica, cioè in edifici in cui il controllo microclimatico interno è affidato prevalentemente all’involucro edilizio e a meccanismi di sfruttamento passivo delle energie fornite gratuitamente dall’ambiente.
L’uso di manti ad alta riflettanza solare permette una riflessione verso il cielo della radiazione infrarossa solare prima ancora che si trasformi in calore sensibile in movimento tra gli strati della copertura: è la prima strategia adottata nei paesi caldi tingendo di bianco gli edifici interi, coperture comprese.
Nel caso delle pareti e delle coperture ventilate invece che contrastare il flusso termico in ingresso nell’abitazione in estate lo si intercetta e allontana per ventilazione naturale. In inverno le intercapedini ventilanti si trasformano in spazi cuscinetto, in cui la temperatura intermedia tra quelle esterna ed interna rende molto più lenta la fuga di calore dagli edifici.
Il flusso di calore da un ambiente ad uno confinante è infatti proporzionale al salto termico esistente tra i due. Per temperature molto basse l’aria permane in uno stato di tale quiete da conferire all’intercapedine un ruolo di contributo all’isolamento termico. Si sono recentemente diffusi in edilizia anche altri dispositivi utili nel contrasto del surriscaldamento estivo degli edifici: l’applicazione di vernici selettive, come quelle caricate con componenti ceramiche, e l’applicazione di membrane riflettenti, altrimenti dette barriere radianti, che intercettano e rinviano verso l’esterno la componente radiativi del riscaldamento esterno estivo. Come uno specchio rinvia la luce che lo colpisce anche queste membrane, in effetti dotate di superfici che potremmo definire specchianti, rinviano la radiazione elettromagnetica che vi incide. Per questa ragione vanno considerate come molto performanti in estate, non altrettanto in inverno. L’intensità della componente radiativa varia infatti alla quarta potenza del salto termico tra la sorgente che emette calore e la superficie che lo riceve. Se in inverno tale salto si mantiene prossimo ai 20 °C in estate può toccare i 50, se prendiamo in considerazione ad esempio una copertura colpita dal sole. La funzionalità di una barriera radiante è legata ala presenza su uno dei suoi due lati di una intercapedine vuota. Se tale spazio risulta chiuso sarà più probabile che la membrana si mantenga più efficiente poiché, come uno specchio, riflette meglio se pulita. Tuttavia lo stesso principio delle barriere riflettenti può essere impiegato nella realizzazione di una copertura se si adotta un manto chiaro a bassa assorbanza solare. In questo caso infatti la radiazione infrarossa solare viene respinta verso l’esterno già prima che si trasformi in flusso termico in movimento attraverso gli strati componenti il pacchetto di copertura.
[ arch.Claudio Pellanda - info@klimark.it – www.klimark.it ]
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