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SULLA PELLE DELLE COPERTURE
Il contrasto al surriscaldamento estivo degli edifici nasce dalla pelle esterna delle coperture, e finisce su quelle interne di murature e pavimenti, a meno che non ci si affidi al condizionamento attivo, responsabile del crescente consumo di energia elettrico estivo, inquinante, costoso e capace di mettere a dura prova il sistema della distribuzione elettrica italiano.
Il problema del surriscaldamento estivo dei nostri edifici spesso viene trattato in modo riduttivo, concentrando l’attenzione sulla composizione dei pacchetti di copertura e tralasciando le loro interfacce con l’ambiente esterno e con quello interno. Non si tratta di una lacuna di poca importanza. Sulla pelle esterna della copertura si gioca la prima reazione della stessa all’irraggiamento estivo e sulla pelle interna invece l’ultima strategia, ma non la meno efficace, con cui la copertura contrasta, insieme con murature e rivestimenti di pavimentazione, il potenziale discomfort termico estivo.
Qui infatti si esprime l’eventuale capacità del pacchetto di copertura di immagazzinare frigorie portate all’interno dell’edificio con la ventilazione notturna passiva estiva, l’unica tecnica di raffrescamento passivo che funzioni nel nostro paese anche in località caratterizzate da elevata umidità relativa ambientale proprio nella stagione estiva.
La pelle più esterna del manto di copertura è invece responsabile della prima risposta all’arrivo della radiazione solare estiva: una risposta che sarà di minore o maggiore riflessione verso il cielo della radiazione elettromagnetica infrarossa a piccola lunghezza d’onda caratterizzante l’irraggiamento solare. L’analisi dell’assorbanza della radiazione infrarossa a piccola lunghezza d’onda permette di prevedere questo aspetto di comportamento in opera del manto di copertura, in relazione alla sua costituzione ma in particolare alla sua finitura più superficiale. La riflettanza costituisce l’inverso dell’assorbanza, e pertanto è altrettanto utile nella comprensione di questo fenomeno.
Accade che una copertura sia disponibile ad accettare il calore solare in misura crescente a mano a mano che il suo colore superficiale si fa più scuro. Non è un caso se nei paesi caldi le coperture degli edifici cono finite con colori chiarissimi, in cui predomina il bianco assoluto.
In questo caso la maggior parte della radiazione infrarossa solare incidente viene immediatamente respinta verso l’universo, per cui in realtà il pacchetto di copertura non serve nemmeno che intervenga nel rallentarne diminuirne il passaggio verso l’interno dell’edificio: il problema è risolto molto prima, o quanto meno significativamente ridotto.
Uno studio statunitense di recente diffusione esalta l'importanza del ruolo delle superfici che riflettono i raggi solari, e calcola che dipingere di bianco le coperture degli edifici di almeno 100 tra le maggiori città del mondo significherebbe annullare l'effetto di miliardi di tonnellate di emissioni di gas serra.
In California già dal 2009, in forma sperimentale, è stato introdotto l’obbligo di garantire un elevato tenore di riflettanza solare per le nuove coperture.
Anche un gruppo di ricercatori italiani sta dimostrando i vantaggi di una tale soluzione attraverso studi sperimentali e simulazioni oltre che calcoli e modellazioni fisico tecniche.
Sono ad oggi numerosi i fisici e gli ingegneri di varie istituzioni scientifiche internazionali che da tempo vanno sostenendo le potenzialità di questo semplice espediente per combattere per combattere il crescente effetto serra, la maggiore emergenza ambientale attuale.
"Se cento delle maggiori città del Pianeta dipingessero i loro tetti di bianco e scegliessero per la pavimentazione materiali più riflettenti, sostituendo ad esempio l'asfalto con il cemento, l'effetto di raffreddamento sarebbe massiccio", hanno spiegato i curatori di una ricerca presentata recentemente a Sacramento in occasione dell'annuale conferenza californiana sui cambiamenti climatici.
"Un tetto di mille piedi quadrati, la dimensione di una casa americana media, se di colore bianco anziché scuro è in grado di annullare l'effetto serra di 10 tonnellate di anidride carbonica immesse nell'atmosfera", ha spiegato uno dei curatori dello studio, il fisico Hashem Akbari del prestigioso Lawrence Berkeley National Laboratory. Si calcola che mediamente in contesti urbani i tetti costituiscono il 25% della superficie esposta all’irraggiamento solare, mentre le pavimentazioni coprono un ‘ulteriore 35% di superficie. “Passare all'uso di materiali riflettenti nelle cento maggiori aree urbane significherebbe annullare l'effetto di 44 miliardi di tonnellate di gas serra, ovvero più di quanto immettono ogni anno nell'atmosfera tutte le nazioni del mondo": questa un’ulteriore affermazione del fisico statunitense.
A scala globale infatti va considerato che le superfici chiare hanno il potere di esaltare l'albedo terrestre, ovvero la quantità di radiazioni solari che vengono riflesse verso l’atmosfera. Lo stesso IPCC, il consiglio intergovernativo istituito dall'Onu per monitorare e contrastare il cambiamento climatico globale, ha più volte rilevato come lo scioglimento dei ghiacci ai poli rischia di far accelerare la crescita delle temperature proprio per il venir meno della loro fondamentale capacità riflettente della radiazione solare incidente.
All’interno dell’Università di Perugia un gruppo di ricercatori sta lavorando su queste tematiche, attraverso anche dei rilievi su un modello sperimentale creato in laboratorio, che riproducendo gli scambi di calore per irraggiamento tra Sole, Universo e Terra permette di valutare la dipendenza della temperatura della superficie terrestre al variare dalla sua radiazione di albedo. Si tratta di ricerche molto giovani e che necessitano senza dubbio di maggiori approfondimenti e riscontri ambientali. Lo sottolinea un altro studioso, membro peraltro dell’IPCC e oceanografo dell'Enea: Vincenzo Artale, che sottolinea come in via generale il principio sia corretto “è come simulare delle superfici ghiacciate, nel tentativo di sostituire quelle che si stanno sciogliendo. Ma subito mi viene in mente un problema: queste superficie potrebbero essere costruite in città, alla medie latitudini, al livello del mare. E tutto questo ne attenuerebbe molto l'effetto globale, ossia molta dell'energia che mandi su ti torna indietro per via dell'atmosfera più spessa, della maggiore presenza di nuvole e inquinamento ed altri motivi ancora".
Se quindi circa l’influenza su scala planetaria di tali espedienti permangono dubbi da chiarire, è invece molto più attendibile che alla scala urbana l’efficacia della riflessione della radiazione solare serva a contrastare il fenomeno delle “isole di calore”, particolari perturbazioni degli equilibri microclimatici locali. Si tratta di una situazione che di solito è rilevata, appunto, al di sopra di densi insediamenti cittadini dove le temperature dell’aria si mantengono costantemente, in taluni periodi dell’anno, al di sopra di quelle che si registrano nelle zone tutt’attorno.
E' per questo che lo Stato della California, nell'ambito del suo pacchetto di norme per l'efficienza energetica in edilizia, con un provvedimento del 2005 ha stabilito che tutte le coperture piane delle strutture commerciali debbano essere di colore bianco e che a partire dal 2009 i tetti di tutti gli edifici, sia residenziali che commerciali, sia piani che a falde, debbano essere realizzati con materiali riflettenti.
Anche alcune aziende italiane hanno commissionato ad enti di ricerca studi sull’efficienza energetica in situazione estiva di coperture con manto chiaro e poco assorbente la radiazione infrarossa a breve lunghezza d’onda tipica dell’emissione solare. I risultati sono davvero significativi, con abbattimenti dei costi energetici per la climatizzazione degli ambienti sottotetto che giungono al 20% rispetto a coperture con finitura di colore rosso argilla. Va tuttavia precisato che nella ricerca cui ci si riferisce ( 2004 V.Galimberti, I.Meroni, R.Lollini, L.Danza per ITC-CNR e C.Pellanda per Mazzonetto SpA) la prestazione di contrasto al surriscaldamento non ha definito distintamente il ruolo della riflessione infrarossa da quello della ventilazione sottomanto, dato che l’obiettivo di ricerca era solo quello di testare le prestazioni estive di una copertura modulare metallica con finitura colore “alluminio silver” ed una in elementi di calcestruzzo con finitura colore “rosso argilla”.
Sono oggi disponibili anche trattamenti superficiali che all’azione dei colori chiari aggiungono funzioni selettive alla radiazione infrarossa conferite alle vernici da cariche costituite da materiali ceramici.
Anche al di sotto del manto è possibile intervenire con membrane riflettenti la radiazione infrarossa, da tempo diffuse anche in Italia, per implementare le prestazioni estive delle coperture. Se affiancate da almeno una intercapedine d’aria esse rinviano verso il lato contro cui incidono, le radiazioni infrarosse. E’ importante notare come queste funzioni siano particolarmente utili in estate e molto più limitate nella loro efficienza nella stagione invernale, per cui è scorretto generalmente sostenere che una membrana riflettente possa sostituire alcuni centimetri di materiali isolanti. Ciò è dovuto all’intensità dell’emissione della radiazione infrarossa, come mezzo di veicolazione del calore, che varia secondo la quarta potenza della differenze di temperature in gioco, e quindi assume un peso davvero incisivo, da noi, solo in presenza di temperature significativamente elevate del manto.
Altra condizione che garantisce una migliore performance dei teli riflettenti è il mantenimento della loro superficie operativa il più pulita possibile. Come uno specchio non ci fa vedere chiara la nostra immagine quando sia ricoperto di polvere anche queste barriere alla radiazione infrarossa hanno modo di funzionare bene in dipendenza anche dell’eventuale sporco depositatovisi. Ecco perché devono lavorare a contatto con almeno una intercapedine d’aria, possibilmente chiusa: se fossero annegate tra materiali solidi le loro facce non si confronterebbero più con flussi energetici trasmessi per irraggiamento ma esclusivamente per conduzione.
La intercettazione della radiazione infrarossa e la sua riflessione offrono quindi opportunità per il controllo microclimatico interno degli edifici e, potremmo forse scoprire presto, per il contrasto al surriscaldamento globale.
[ arch.Claudio Pellanda - info@klimark.it – www.klimark.it ]
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Una copertura con manto chiaro è spesso capace di riflettere verso il cielo la maggior parte dell’irraggiamento solare, evitando così in modo passivo eppure efficace il surriscaldamento estivo degli spazi sottotetto
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L’uso di manti a bassa assorbanza solare è particolarmente indicato in caso di realizzazione di edifici in legno, genericamente più deboli di quelli in muratura nel contrastare il surriscaldamento interno estivo.
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Il confronto tra manti in metallo chiari e manti in tegole di cemento colore rosso argilla, a parità di composizione degli strati di copertura sottostanti, può evidenziare una significativa riduzione nei primi del flusso di calore entrante in estate
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In assenza della possibilità di realizzare manti dal colore chiaro sono disponibili altre tecnologie di contrasto del surriscaldamento interno estivo. Nella foto un manto metallico colore rame brown (tipico del rame ossidato) che si è dimostrato capace di opporsi all’ingresso di calore in estate al pari un manto molto più chiaro in tegole dei calcestruzzo colore roso argilla
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L’uso di membrane riflettenti a contatto con intercapedini d’aria possibilmente inaccessibili alla polvere può costituire un valido aiuto nel contrasto del surriscaldamento interno in estate. Non altrettanto valido è il loro apporto prestazionale in inverno
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L’impiego di barriere riflettenti al di sopra degli strati isolanti in copertura deve essere accompagnato da una accurata analisi del comportamento igrometrico del pacchetto: quando infatti la barriera è in alluminio politenato, ad esempio, è parimenti barriera riflettente quanto barriera al vapore: in questo caso rischia tuttavia di venir posta sul lato sbagliato dello strato isolante termico
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